JONI MITCHELL: SHINE

È arrivato! Proprio in questi giorni è giunto nei negozi il nuovo disco di Joni Mitchell. Da mesi se ne parlava, ma solo a riguardo di notizie marginali, forse importanti, ma marginali. Si sapeva che l’artista canadese aveva cambiato etichetta e dopo moltissimi anni di collaborazione con la Reprise passava alla Hear Music, marchio di proprietà della Starbucks – che mi fa pensare più al caffè che alla musica; sapevamo che Joni stava lavorando ad un grosso progetto dopo l’importante esperienza di musicare un balletto; sapevamo che dal 1998, anno di Taming the Tiger, non pubblicava nulla di nuovo; sapevamo che Joni aveva avuto qualche problema di salute, lei che nel prossimo novembre compie 64 anni ma che nel nostro immaginario è sempre la splendida ragazza bionda dal sorriso ammaliante. Ma ora lo abbiamo in mano con la sola voglia di ascoltarlo; già subito una novità visto che sulla copertina non c’è un suo dipinto, al quale ci aveva abituato, ma la foto di un corpo di ballo che ci ricorda The Fiddle And The Drum, il lavoro recentemente realizzato assieme al coreografo dell’Alberta Ballet Jean Grand-Maître. Shine, questo il titolo del disco, contiene 10 brani come al solito completamente scritti e prodotti dall’artista e interpretati con il supporto di pochi bravissimi partner; tra questi emergono il sassofonista Bob Sheppard, memore dell’esperienza di Joni con Wayne Shorter e, nel brano che da il titolo al disco, James Taylor con un intervento minimalista ma di grande classe. Il disco si apre con un pezzo strumentale (One Week Last Summer) accompagnato da una nota, quasi un diario di una settimana dove Joni ci racconta, nella calma della natura attorno alla sua piccola casa sul mare, la decisione di riappoggiare le mani sul pianoforte dopo quasi un decennio; e termina con If, adattamento della nota poesia di Rudyard Kipling che Joni fa sua quasi a manifesto di un impegno sociale che trapela ovunque. In mezzo altre 8 canzoni, calme ma profonde, costruite semplicemente ma che arrivano al cuore soprattutto quando rappresentano un grido di disperazione (o forse di speranza) per un mondo che non sta proprio andando nella direzione giusta e si invoca “lo spirito dell’acqua che infonda genialità per salvare questo luogo” (This Place); oppure un accusa alla voglia di guerra degli uomini che hanno trasformato la Terra in una pira di morte (If I had a Heart) ma anche speranza in persone che “si rimboccano le maniche”  (Hana) nonostante brutti presentimenti (Bad Dreams). Torna poi il grande taxi giallo scritto nel 1970 dalla signora del canyon  ma ancora attualissimo dove si denuncia che “hanno asfaltato il paradiso, e ci hanno messo un parcheggio!” (Big Yellow Taxi). Più corale ed elettrica invece Night of Iguana ma si ritorna subito all’intimismo con Strong and Wrong con l’accusa ai moderni culti. Shine merita di dare il nome al CD per la sua profonda preghiera, la speranza che un tocco di luce illumini tutti.Non tradisce le aspettative questo disco da ascoltare con le orecchie e con il cuore, bello musicalmente ma carico di impegno politico e sociale di cui Joni Mitchell è sempre stata ambasciatrice.

Davide Palummo

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