Brad Mehldau

Brad Mehldau è, a mio parere, uno dei più interessanti musicisti del momento. Nato 48 anni fa in Florida, Brad è un pianista di formazione classica e diventa famoso molto giovane con la serie The Art of the Trio: il primo (I) è del 1996 e l’ultimo del 2001 (V). Sono considerati 5 lavori fondamentali del pianismo jazz nei quali si esplora l’evoluzione della forma trio nella configurazione che si ritiene, dopo l’esperienza di Bill Evans degli anni ’60, perfetta per far emergere la potenza espressiva del pianoforte. In questi dischi, accompagnato dal bassista Jorge Rossy e dal bassista Larry Grenadier, è chiara la sua capacità di arrangiamenti magnifici e l’istinto d’improvvisazione, particolarmente evidente nei tre registrati dal vivo al The Village Vanguard di New York (volumi 2, 4 e 5).
Nonostante i suoi lavori siano giustamente classificati jazz, Brad ama spaziare in tutti campi della musica e nei suoi dischi mescola pezzi scritti da lui, standard, reinterpretazioni di canzoni proveniente dall’area pop e rock: alcuni pezzi, infatti, tradiscono il suo amore per i Beatles, i Radiohead e Nick Drake e per decine di altri famosi artisti della musica “più leggera”. Per capire quanto sia completo, maturo e geniale Brad Mehldau credo basti ascoltare ed analizzare tre suoi recenti dischi che sono completamente diversi uno dall’altro, da tutti i punti di vista. Mi riferisco a Seymour Reads The Constitution! realizzato pochi mesi fa con il trio con cui suona dal 2005 (Larry Grenadier al basso e Jeff Ballard alla batteria), a After Bach, solo piano, sempre del 2018 anche se proveniente da alcune performance di qualche anno prima e, infine, a Thile e Mehldau del 2017, assieme al cantante e mandolinista Chris Thile. Incrociare la lettura di questi tre lavori credo sia estremamente educativo per cogliere l’abilità del pianista di Jacksonville, la sua conoscenza a 360 gradi della musica e la sua voglia e capacità di misurarsi con ogni tipo di sonorità.
3 ultimi CD di BM
Chris Thile e Brad Mehldau si conoscono da anni ma registrano questo doppio CD omonimo solo nel 2017. Thile, dieci anni più giovane di Mehldau e nativo dell’altra sponda dell’America, cresce con la passione per il folk e il bluegrass interpretati con qualsiasi strumento a corda tradizionale (mandolino, banjo, chitarra, viola, basso, bouzouki) ma anche con quella di J.S.Bach cimentandosi più volte con sonate e partite. Forse questo comune amore per Bach e per il genere Americana fa avvicinare Chris e Brad che nel suddetto disco esplicitano tutta la loro curiosità verso un modello espressivo che non vogliono sia in nessun modo limitato da formule o generi preassegnati; è evidente la voglia di reinterpretare una tradizione musicale, che proviene dal pop, dal folk, dal bluegrass americani, con rispetto ed amore per grandi musicisti. E allora diventa abbastanza naturale trovare, a fianco ad alcuni pezzi originali dei due, una magnifica Independence Day di Elliot Smith, Marcie di Joni Mitchell e Don’t Think Twice, It’s All Right di Bob Dylan: i freschi arrangiamenti e l’interpretazione mandolino e voce di Chris e pianoforte di Brad danno nuova vita a queste bellissime canzoni che sono ben radicate nella testa e nelle orecchie di tutti gli amanti della musica pop/rock. Il risultato è spiazzante ma magnifico e, da questa combinazione sulla carta un pò bizzarra, emerge un disco a cinque stelle.
Molti musicisti hanno dovuto fare i conti con J.S.Bach, il genio assoluto della musica barocca che ha scritto per tastiera (organo, clavicembalo, pianoforte) grandissimi capolavori. Tutti i pianisti riconoscono nel Clavicembalo Ben Temperato, nei suoi preludi e fughe, la summa didattica da cui apprendere e su cui studiare: alcuni lo hanno fatto per tutta una vita (come Glenn Gould) altri lo hanno preso come momento di ritiro da esperienze diverse (come Keith Jarrett). Brad Mehldau affronta Bach con grande rispetto e passione conoscendo molto bene non solo la complessità ed il virtuosismo delle sue composizioni ma soprattutto i suoi insegnamenti sull’improvvisazione. I dodici brani che compongono After Bach sono pezzi originali sullo stile bachiano intervallati da interpretazioni di 4 preludi ed una fuga: il lavoro vuole non solo dimostrare le elevate capacità interpretative di Mehldau ma quante lezioni Bach riesce ancora a darci, nel piano (potevamo già saperlo) ma anche nel jazz (stupenda scoperta): il risultato è un disco bellissimo per tutti gli appassionati di musica, poco importa se classica o jazz.
L’ultimo disco di questa trilogia, il più recente, è la conferma che la forma trio rappresenta un modello ideale per un pianista jazz; la compagine oramai è ben rodata perché sostituito nel 2005 Rossy, il primo bassista compagno per la sequenza dell’Art of Trio, con il fido Grenadier e confermato Ballard alla batteria, i dischi realizzati in questa formazione sono oramai molti ed altrettante le performance in giro per il mondo. Il disco omaggia, sin dal titolo, l’attore recentemente scomparso Philip Seymour Hoffman ed un caposaldo della cultura americana: la sua costituzione. Il disco presenta tre composizioni originali e 5 interpretazioni di note canzoni di Paul McCartney e Brian Wilson nell’area pop, di Elmo Hope e Sam Rivers nell’area jazz più uno standard della musica americana proveniente dalla penna di Frederick Loewe, compositore tedesco ma operativo e notissimo negli States nel mondo di Broadway e dei Musicals. Ancora una volta il risultato è eccellente, sonorità setose ed avvolgenti, completa armonia tra i tre strumenti, complicità assoluta e Mehldau che si conferma un camaleonte a suo agio perfettamente con qualsiasi tipo di musica: in questa situazione con il classico jazz che non ci fa per nulla sentire la mancanza del più blasonato trio Jarrett-DeJohnette-Peacock, indimenticabile ma ormai fuori gioco.
Davide Palummo, giugno 2018

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