2016: I MIGLIORI CD DEI PRIMI SEI MESI (FORSE…)

Confesso di divertirmi nel ripetere senza scossoni il giochino di metà annata: quali sono i dischi rilevanti che ho avuto modo di ascoltare da gennaio ad oggi? Non è detto che sia un gioco imprescindibile, però aiuta soprattutto in vista della classifica degli imperdibili di fine anno (che arriverà, a Dio piacendo, a fine dicembre……).

I nuovi ascolti dicono che la Tedeschi Trucks Band (il disco è: Let Me Get By) è ormai una sicurezza, che i Jayhawks (Pladging Mr. Prout) sono eterni e sempre adorabili, che Mavis Staples (Living On A High Note) è una divinità. Sorprendenti le prove di John Doe che lascia il punk e si scopre outlaws (The Westerners) e degli Elephant Revival che cesellano canzoni raffinatissime come Raindrops (l’album è Petals).

Paul Simon ha fatto con Stranger to Stranger un buon disco, dove però ci sono troppi alti e bassi. Anche Tony Joe White (Rain Crow) ha fatto un buon disco: appena inizia a cantare ti porta nel crepuscolo della Louisiana.

In territori più sperimentali c’è di sicuro da ascoltare l’ultimo progetto (non è solo un disco, ma un testamento) di David Bowie (Blackstar), mentre i Radiohead (A Moon Shaped Pool) sono di certo una preziosa pozione per la mente: interessanti ma non affascinanti. Ma in questo ambito il cd più provocante e dark è di Blixa Bargeld e Teho Tehardo (di cui parliamo sotto….).

Jon Anderson e Roine Stort hanno inciso con Invention of Knowledge un disco importante, per certi versi monumentale, autentico progressive degli anni d’oro. Forse l’insieme sconta una certa monotonia complessiva, come se le dinamiche dei pezzi rimanesse all’interno di un range troppo limitato. Meglio hanno fatto (saltando di palo in frasca) Tom Petty e soci (Mike Campbell, Benmont Tench, Tom Leadon…) che si divertono moltissimo con i Mudcrutch a navigare per le acque dei Byrds e dei Dead, lasciando spazio ad un vivace mood psichedelico e jingle-jangle (sentire Hope, Beautiful Blue e Victim of Circustance).

Da ascoltare senza affanni ci sono l’album di rock-blues potente della Supersonic Blues Machine (West of Flushing, South of Frisco) con una sfilza di ospiti (da Eric Gales a Warren Haynes, da Billy Gibbons a Robben Ford), l’ottimo ritorno di Grant Lee Philips (The Narrows), il bellissimo disco del britannico Nigel Barker che con il nome di Cowboy Hat ha prodotto un ottimo terzo album (Experiments In Popular Music, Whimsy And The Blues) con pezzi perfetti come Working out a dimostrazione di un crossover che ormai lambisce ogni angolo del rock di tendenza “americana”, con i Kinks dietro l’angolo. Una citazione speciale, in questa breve introduzione, per il bel disco di Wynonna, che entra in pompa magna nell’annata con una delle più belle canzoni ascoltate nel 2016: Keeps Me Alive.

Non inserisco mai in questa classifica di metà percorso i Box e le riedizioni, anche perchè qui ci andrebbero di filato (e sbaraglierebbero il campo) il box live di Van Morrison (It’s Too Late to Stop Us Now) e il triplo live degli Highwaymen (American Outlaws) che da soli valgono un decennio di musica recente.

Ma vediamo quelli che secondo chi scrive sono le migliori prove del primo semestre 2016:

Walter trout

1- WALTER TROUT – ALIVE IN AMSTERDAM
E’ in salute ed è in forma chitarristica smagliante: questo dovrebbe bastare per capire quanto sia efficace e potente il nuovo live di Water Trout. Che si apre con una versione monstre di Help me, una vera aggressione rock-blues e che tocca belle punte di feeling nella citazione di BB.King di Say Goodbye to the Blues.

Bellowhead
2 – BELLOWHEAD – LIVE, THE FAREWELL TOUR
Eccezionale disco d’addio (forse) della band di Joe Boden e John Spiers. Dai tempi di hedonism questo ensemble di folk britannico (anche se Boden è di Chicago) ha dato il meglio di se in un mix senza precedenti di arrangiamenti e sonorità in cui il celtico si mischia al jazz, e il classico sfocia nel funky. Il live d’addio è un doppio ricchissimo di canzoni (29 titoli) e suggestioni capaci di conquistare al primo ascolto. Nel frattempo Boden e Spiers continueranno in duo, esattamente riprendendo il discorso da dove si era interrotto con la nascita dei Bellowhead.

con brio
3 – CON BRIO – PARADISE
E’ pop music, ma di livello così alto da lasciare interdetti. La formazione più o meno capitanata dal 23enne vocalist Ziek McCarter nel suo primo disco propone canzoni come fossero pezzi di Jamiroquai suonati dalle Mother Of Invention con una sezione fiati pazzesca ed un chitarrista stellare (Benjamin Andrews). Le paternità più nobili ed evidenti sono quelle degli Steely Dan e della black music (da James Brown a Prince) e se non fosse troppo scontato si potrebbe dire che Con Brio sono gli Snarky Puppy della pop music.

blixa teho
4-BLIXA BARGELD, TEHO TEARDO, NERISSIMO
La collaborazione tra l’italianissimo Teardo e Blixa, uno dei migliori cervelli della musica mondiale, sfocia questa volta in un progetto discografico intrigante, in cui ombre e lievità vanno a braccetto. Strumenti elettrici praticamente assenti, pianoforte ed oboe in primo piano a scandagliare istanti di vita nell’Europa decadente (come da abitudine degli Einsturzende). C’è pure una cover da Caetano Veloso, Empty Boat: prendi il Brasile e fallo interpretare da un tedesco e da un friulano e poi vedi cosa ne viene fuori, se ci riesci. Ecco fatto..

Clapton
5 – ERIC CLAPTON – I STILL DO
Slowhand incide un disco importante, con un paio di canzoni leggerine, ma tutto il resto è di altissima quaità. Blues (Alabama Woman Blues) e country-blues acustico (Little Man, You’ve had a Busy Day), inflessioni gospel (I’ll Be Alright), citazioni da standard e pezzi grondanti vero feeling. Nessuno se lo aspettava, e invece Clapton ha fatto un disco da ricordare. E la dylaniana I Dreamed I Saw St. Agustine è un capolavoro.

dion
6 – DION – NEW YORK IS MY HOME
Un’eredità immensa, un nome che è nella storia della musica della Big Apple, un nuovo disco che ce lo fa amare nuovamente. Dion ha registrato un disco di rock e ballate dove la personalità e la sensibilità dell’autore fanno la differenza. Nella title track c’è il contributo di Paul Simon (che propone la stessa canzone nella versione deLuxe del suo ultimo album) e si tratta di una delle più belle e intense canzoni dell’anno sin qui trascorso.

birds of chicago
7 – BIRDS OF CHICAGO – REAL MIDNIGHT
Ancora una volta Joe Henry porta a casa un progetto di fascino ed emozione autentica. Ancora una volta di mezzo ci sono marito e moglie (come nel caso degli Over the Rhine), questa volta rispondenti al nome di JT Nero e di Allison Russel. In circolazione da tre anni, i Birds of Chicago toccano il vertice della loro poetica folk con Kinderspell e puntano verso la Nashville degli outlaws con pezzi come Time and Times. Voci, chitarre, fiddles, pianoforte: a cosa serve l’elettronica?

syndone
8 – SYNDONE – EROS & THANATOS
Band italiana, progetto europeo: quando il progressive ha le idee chiare e non scade nel metal, riesce ancora a proporre dischi come questo. Nik Comoglio, che ha creato la band alla fine degli anni ’80, prende spunto dal Cantico dei Cantici, lavora su commenti di Ceronetti, e mette su vinile (e su Cd) uno dei più ambiziosi progetti musicali che l’Italia abbia visto da molti anni. Nel set dei Syndone c’è il progressive rock aggressivo (Qinah), ci sono i pezzi sinfonici (Cielo di fuoco) ci sono composizioni dalla perfezione acustico-sinfonica (L’urlo nelle ossa). E poi ci sono gli ospiti stellari: Steve Hackett e Ray Thomas. Finalmente qualcosa di grande in terra d’Italia!

luther dickinson
9 – LUTHER DICKINSON – BLUES & BALLADS
A Luther gli piace, ogni tanto, fare le cose da solo, aggrovigliarsi dentro agli standard della sua terra (per l’appunto il Nord del Mississippi), come se Hernando rimanesse il centro del mondo. Ma lo fa con una sensibilità chitarristica e vocale che non ha eguali, come mostra in Jackson e in Storm. Inutile dire che sembrano (o sono) cose già sentite: lui le dice sempre in un modo nuovo.

the rides
10 – THE RIDES- PIERCED ARROW
Stephen Stills, Kenny Wayne Sheperd e Barry Goldberg ci hanno preso gusto, nel loro pseudo-gioco, e incidono un disco abrasivo: bei pezzi, belle chitarre, tante melodie elettriche. Il migliore da quando sono in circolazione: mai una caduta dal groove invasivo di Kick Out Of It alla lenta e maestosa There was a Place. Kenny esce soprattutto in pezzi vaughaniani come I Need Your Lovin e Game On. Stephen si supera in Virtual World, che sarebbe risaltato anche ai tempi d’oro di CSNY, come fosse un controcanto di Just a Song Before I Go….

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