BATTIATO: ASCOLTANDO APRITI SESAMO

battiato

Franco Battiato ai tempi di Pollution sperimentava. Ai tempi della Voce del Padrone
trionfava. Nei giorni di Fisiognomica raggiungeva la sua piena forza artistica. Con
Povera Patria e in Come un cammello in una grondaia diventava voce di riflessione
nazionale. Con Fleurs si confrontava con la musica pop italiana. Chi e’ il Battiato
di oggi e cosa vuole cantare al mondo il cantautore siciliano con l’uscita del nuovo
Apriti Sesamo?

Arrivato ai sessantasette anni mescolando accanitamente e come nessuno mai prima i
suoni della tradizione e dell’avanguardia, dell’occidente e dell’oriente, le parole
della quotidianità con quelle della poesia, del colto e del pop, del divino con il
fortemente terreno, Battiato riprova con questo nuovo album a raccontare con
spiccata personalità i tratti che collegano passato a futuro, sacro a profano,
Dante alle Mille e una Notte. E’ solo con lui che uno può trovarsi ad ascoltare alla
radio musiche che sanno di tradizione moresca (nella canzone che titola il cd)
oppure citazioni da Santa Teresa D’Avila e trovarle credibili, non fuori dal tempo,
meritevoli di una qualche attenzione.

Questo Apriti Sesamo e’ un disco con almeno tre canzoni (se si possono definire
ancora cosi) forti e soprattutto con una dimensione musicale che continua a parlare
il linguaggio della non-scontata banalita. La più bella e’ forse Quando ero giovane,
brano dalla strumentazione ibrida di àrchi e chitàrre elettriche che racconta
brandelli di gioventù: “andavamo a suonare nelle sale della Lombardia e c’era
un’atmosfera eccezionale; la domenica pomeriggio in quelle balere si divertivamo a
ballare operai e cameriere
“. Canzone sul passato che ha lasciato il passo ad un
presente grigio (“le cattive notizie in questi tempi ci sommergono“), ma soprattutto
canzone sulla memoria, sul tempo della gioventù, sulla freschezza delle forze umane
e sulle coscienze. Forse più che in altri dischi, Battiato (che anche qui utilizza
alcuni testi di Manlio Sgalambro) in questo nuovo lavoro riflette e canta sul senso
del tempo passato e del tempo che verrà, tra ricordi bellissimi (“il richiamo che
invita alla preghiera del tramonto…. Vedo che la mia anima ha un volto
“,
Irresistibile richiamo) e senso della morte (“cosa lascio ai miei eredi, Cristo nei
Vangeli parla di reincarnazione
“, Testamento). Non gli mancano le sferzate etiche
sul disfacimento di certi valori, ricordando che il denaro e’ spesso come il
serpente della Genesi e che il nostro presente “e’ un mondo orribile” nel quale
troppi valori abbiam perduto (Passacaglia) il tutto espresso con quella forma
poetico-musicale che nessun altro nel mondo riesce a rendere credibile nella sua
folle anacronisticità: Chi oggi potrebbe realisticamente raccontare la storia di
Ali Babà e Sherazade senza venire fischiato dal pubblico avvezzo al linguaggio e ai
contenuti di Maria De Filippi e Belen?

Ma qui sta il nocciolo: Battiato ha un percorso artistico eccentrico e originale, un
autorevolezza che gli permette di esser ciò che vuole essere e dire cio’ che gli sta
a cuore, un radicamento popolare che lo rende ascoltabile ovunque. Certo Apriti
Sesamo
non e’ La voce del Padrone, ma che importa se e’ da prendere a piccole dosi!
Sembra troppo colto? E’ un po’ troppo moraleggiante? Ancora: ma che importa!

Anzi: per fortuna c’è la sua voce (mai troppo bella: anche questa volta e’ sottile eppure
rimane efficace) e la sua assurda concezione di pop-music eremitico-monacale come di
contenitore di ineffabili scibili artistici. Basterebbe comunque ascoltare La
polvere del branco
(“ci crediamo liberi ma siamo prigionieri che remano su navi
inesistenti; ci crediamo liberi ma siamo schiavi, milioni di ombre sperdute, andiamo
per le strade alzando solo polvere
“) per dire: dateci un Battiato all’anno e
digeriremo anche XFactor!

Walter Gatti

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