BOBO RONDELLI IN TOUR

Bobo Rondelli photo by Davide Palummo
Dall’anonima provincia arrivano molti interessanti personaggi del panorama musicale italiano. Mi viene in mente Paolo Conte, partorito dalla cupa Asti ma capace di produrre ambientazioni esotiche e poetiche, Giovanni Lindo Ferretti che dall’Appennino Emiliano, dove è nato e dove è tornato quasi in mistico ritiro, è partito per esperienze psichedeliche e sognanti, Davide Van de Sfroos, che da Como diffonde un sano folk nostrano. Personaggi ed esperienze diversissime ma accomunate dal forte legame con la tradizione e il territorio che spesso sono una gabbia, un limite ma anche una grande ricchezza in questo mondo globalizzato e talvolta appiattito nelle capacità di rappresentare sentimenti e situazioni. Anche Livorno ha il suo campione: è Roberto “Bobo” Rondelli.

Bobo è un magnifico cialtrone che sfugge alle facili classificazioni, è un personaggio ironico, graffiante, con il classico sarcasmo livornese che riesce a dissacrare ogni cosa con apparente leggerezza. Bobo inizia la sua carriera una ventina di anni fa: me lo ricordo che riprendeva pezzi famosi di Tom Waits e dei Rolling Stones e li presentava aggiro per la Toscana, spesso nelle Case del Popolo o alle feste paesane. Già allora alternava la sua voce suadente e ruvida, con cui interpretava con molta serietà le più note cover internazionali, al vernacolo livornese con cui intratteneva gli astanti con racconti e storielle dietro alle quali sembra ancora oggi voler nascondere una certa timidezza. Nel 1993 esce il primo disco del suo gruppo, Ottavo Padiglione – nome derivato dal reparto psichiatrico dell’Ospedale di Livorno, prodotto e promosso da Pirelli (produttore dei Litfiba) e dalla EMI: grande successo soprattutto per la canzone, vagamente autobiografica, Ho picchiato la testa. Seguono Fuori Posto (1995), Onde Reggae (1999), Figlio del Nulla (2001) che registrano successi sempre meno marcati. La ripresa si ha con la collaborazione di Stefano Bollani in Disperati, Intellettuali, Ubriaconi (2002), disco di grandissima qualità negli arrangiamenti, nei testi e nell’originalissima interpretazione di Bobo. Nuovamente in tono ascendente Ultima Follia (2003) e il recente Per Amor del Cielo (2009). Certo per capire, o almeno cercare di capire, Bobo Rondelli non basta sentire i suoi dischi; è necessario leggere quello che scrive, andare a sentirlo ai concerti e, se siamo fortunati, passarci assieme qualche ora attorno ad un tavolo e svariate bottiglia di vino. Già ascoltare i suoi dischi non è facilissimo: se entrate in un negozio di musica vi capiterà spesso di non trovare nulla tra Ron e Vasco Rossi quindi vi resta la ricerca in internet, qualche remota bancarella oppure il circuito dei vostri amici. Per risolvere però le prime tre fonti d’informazione vi consiglio un suo concerto, che sicuramente riuscirete a scovare, non certo nelle grandi produzioni da stadio o da Palasport ma nella programmazione dei circoli ARCI o nelle feste di paese: ai concerti potrete infatti ascoltare le sue canzoni, apprezzare la sua verve da cabarettista, comprare i suoi dischi ed anche il suo libricino Compagni di sangue. E in questo periodo è proprio in tour: io l’ho visto qualche giorno fa al Circolo ARCI “Virgola” di Sestri Levante: Bobo e la sua band al completo hanno fatto divertire un centinaio di fans per un paio d’ore con una generosa scaletta di circa 30 pezzi e qualche divertente chiacchierata con il pubblico.

Bobo e gli altri musicisti erano in gran forma; hanno aperto la serata con Vitelloni per passare poi in rassegna tutti i pezzi dell’ultimo lavoro Per Amor del Cielo e moltissimi tra quelli più vecchi: voce perfetta, un paio di chitarre al suo servizio, la solita alternanza tra compostezza e serietà nell’esecuzione dei pezzi, molti malinconici e profondi come da sua tradizione, e sgangherate battute in livornese. Molte canzoni sono jazzate, altre maggiormente legate alla tradizione cantautorale italiana, molte pop-rock; le liriche profonde e scherzose, mai superficiali, realiste fino all’assurdo. Chiusura della serata con la lettura di A me ciam Bert, dove racconta la storia dello zio Berto, il suo legame con la tradizione familiare, gente semplice e verace che si è guadagnata giornalmente la vita, una vita dura, spesso complicata ma retta. Per completare la conoscenza di Bobo, se proprio non riuscite a passarci qualche ora assieme, vi consiglio il film del suo amico Paolo Virzì L’uomo che aveva battuto la testa (2009), documentario più che film, sequenza di interviste, racconti, immagini di repertorio: insomma quasi un atto d’amore dove Bobo ci appare come veramente è, nella sua Livorno, al fianco degli amici di sempre, in ambientazioni domestiche, private, pubbliche ma tutte talmente vere da farcelo sentire il nostro miglior amico con cui voler passare un’allegra serata.

Davide Palummo, Febbraio 2011

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