LA MAGIA, LA STRADA, LA CASA: VITES HA SCRITTO…

Non amo i libri dedicati al rock. Di solito l’autore finge criticità, ma parla dei propri gusti sotto mentite spoglie. I “saggi”, poi, devono condurre da qualche parte, mentre solitamente sono tiritere senza nuove direzioni. Raramente c’è qualcosa di buono. “Do you believe in magic, la casa verso casa” (non cercatelo in libreria, perché si compra solo on line al sito www.ilmiolibro.it.) è diverso perché non è un libro finto o falso. Scritto da Paolo Vites non mente sul suo scopo: è un libro su come il rock ha inciso sulla vita di chi l’ha scritto. Dichiaratamente. Oppure (a scelta), è un libro su come la vita dell’autore è cresciuta, ha sofferto, sognato, costruito, immaginato, amato, sofferto con il rock come compagno, benedetto o maledetto che sia. Un’autobiografia in forma di rockballad. 

Vites lo conoscono tutti, o quasi. Cronista musicale (quando lo chiedono a me, io preferisco definirmi così; e quindi lo definisco in questo modo che – a mio parere – per un giornalista è l’estremo complimento), tra i massimi conoscitori di Bob Dylan, Paolo ha raccontato 21 episodi reali o immaginari, di memoria o di mestiere, tra la propria giovinezza ligure e il proprio presente in giro per il mondo ad ascoltare o a dialogare con Sheryl Crow o Mark Knopfler. Ogni “capitolo” ha un’introduzione illuminante, un verso preso a prestito da Van Morrison o dai Ramones, che è la vera lente con cui leggere ogni singola storia, ogni preciso svolgimento. E lo svolgimento di tutto il libro ha una chiave: nella vita si spera, c’è una tensione ad essere e a raggiungere il luogo della felicità, una tensione che spesso il rock ha cantato, tra delusioni e aspirazioni; fortunatamente c’è qualcuno che ti indica la strada. Fortunatamente c’è una casa. 

Quello che all’apparenza potrebbe sembrare un limite strutturale – la mancanza di un filo che unifichi la narrazione – in realtà è il segreto del libro: chi scrive non narra il rock, narra se stesso. La propria vita è il fil rouge. Amori e incontri musicali, Paul McCartney o Francesco De Gregori: l’onestà emotiva e narrativa del tutto riposa nel tentativo di guardarsi in faccia e di mettere in parole una vita transitata e approfondita ascoltando Dylan, Neil Young, Clash, Patti Smith e molti altri. Do you believe in magic? è un libro che si apre con una citazione dylaniana, “sono nato molto lontano da dove avrei dovuto nascere e perciò sono sulla strada di casa” e si chiude con due righe di Giovanni Testori, “la verità è che l’uomo d’oggi non se lo dice, forse di dirselo ha vergogna, ma ente una terribile nostalgia di tornare a casa, alla casa del Padre”. Non a caso il sottotitolo è La strada verso casa. Una casa dove abitare con famiglia, amici e desiderio (non deluso) del tutto.

PS: il titolo del libro è una canzone dei Lovin spoonful….

 

(Walter Gatti)

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