THE MARS VOLTA: ELOGIO DELLA SOVRABBONDANZA

 

 Tra le band “emerse” in questo inizio di Duemila, una in particolare ha la mia entusiastica approvazione e partecipazione: The Mars Volta. Dietro il nome ci stanno due pazzoidi, il chitarrista, compositore e produttore Omar Rodriguez-Lopez e Cedric Bixler-Zavala, che ci mette la voce e fa l’autore dei testi. Detta così sembra una formazione “scarna” e potrebbe dare la sensazione del minimalismo. In realtà nei dischi sin qui prodotti – DeLoused in Comatorium (2003), Frances the Mute (2005), Scabdates Live (2005), Amputechture (2006) – i Mars Volta hanno dato prova di un gusto così sovrabbondante da lasciare anche i più affamati senza più appetito, sazi e satolli. Provare a raccontare il progetto musicale di Omar e Cedric è un po improbo, ma se proprio si vuole “immaginare senza ascoltare”, allora occorre lavorare di fantasia: nei loro dischi c’è un incontro di Pink Floyd e John Coltrane, Muse e Yes, Sonic Youth e RED Hot Chili Peppers. La base è un progressive colto ed estremo, ma si sente che Roger Waters e Frank Zappa hanno lasciato il segno in questi giovanotti (Cedric, californiano di origini messicane, ha 24 anni, Omar, portoricano, 23) onnivori e ipercinetici. I primi dischi sono stati tre concept album, il quarto, Amputechture (il mio preferito) è una sarabanda di pezzi dilatati, una sorta di jam project caotico, contorto, esplosivo dove spesso e volentieri si inseguono, si scontrano tre chitarre soliste, sax e fiati, moog e tastiere filtrate. Se per i Muse la base di tutto è uno spleen esistenziale lacrimevole e post-romantico, per Mars Volta le riflessioni continue sono sulla morte, sulla fine della purezza, sulla tragica assenza dell’essere, che si esprime in rantoli vocali figli di Jeff Buckley e in fragorosi crescendo che fan pensare a Fugazi o Sonic Youth. Giocano a distrarre tutto, in un incubo di scatole cinesi, dove si perdono le melodie al punto da far dimenticare spesso il punto di partenza: addio canzone, addio “filo logico apparente”. E’ un trionfo musicale, il punto di arrivo, il perdersi nei mille punti di fuga che può presentare un’unica partitura. Il loro è uno dei pochi autentici progetti coerenti ed eccitanti in circolazione. Come detto all’inizio: son così eccessivi nella loro sovrabbondanza, che possono non piacere. In questi giorni è uscito il loro nuovo cd, The Bedlam in Goliath. Lo segnalo. Ne parlerò appena l’avrò ascoltato…. 

WALTER GATTI

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